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L’Esodo giuliano-dalmata nel racconto di Raoul Pupo

esodo da Pola

ll 17 aprile si è tenuta all’auditorium dello Zanon la conferenza finale del progetto “Diamo ali alla memoria” – promosso dalla rete interscolastica Marinelli-Marinoni-Copernico – con ospite il professor Raoul Pupo, docente di Storia contemporanea dell’Università di Trieste. Tra i presenti una decina di classi dei tre istituti.

Argomento dell’incontro era l'Esodo giuliano-dalmata avvenuto nei primi anni del secondo dopoguerra. Il tema del convegno è sicuramente uno degli argomenti chiave della storia del Novecento, ma nonostante ciò fra i giovani è ancora un argomento quasi sconosciuto. Sicuramente il termine esodo per uno studente di quinta superiore non è nuovo, ma rimane lo stesso una parola il cui significato è sfuggente. Grazie alla conferenza tenuta dal professor Pupo alcuni ragazzi, però, sono riusciti ad approfondire la loro incompleta conoscenza.

Definire che cos’è un esodo non è sicuramente cosa facile, il professor Pupo ha dunque sottolineato che cosa non è: non è una deportazione e non è un’espulsione. L’esodo, a differenza delle altre due situazioni, è il caso in cui un gruppo di abitanti viene “obbligato” a lasciare il territorio in cui viveva a causa di pressioni esercitate dall’autorità, sia in termini di violenza diretta sia in termini di privazione di diritti, questo soprattutto in presenza di un mutamento di regime politico.

La particolarità dell’Esodo giuliano-dalmata – che coinvolse oltre trecentomila persone – è la sua lunga durata: i primi spostamenti sono avvenuti intorno al 1942 e gli ultimi si avranno nel 1956. Nonostante l'emigrazione non si sia fermata, in questi anni ci sono stati dei momenti più drammatici: tra il ‘42 e il ‘45 da Zara, tra il ‘47 e il ‘48 da Pola, dal ‘46 al ‘52 da Fiume.

Non è facile mettersi nei panni di persone che hanno subito violenza, che hanno dovuto abbandonare la propria casa, che non si sono sentiti accettati nella loro stessa terra, ma grazie ad alcune testimonianze lette a più voci è stato più facile rendersi conto della tragedia e della confusione che in pochi anni ha cambiato un intero territorio di confine.

Le cinque testimonianze proposte durante la conferenza provengono dalle città citate: ognuna è unica ma allo stesso tempo sono tutte accomunate da dolore, violenza e sconforto. Alcuni di coloro che parlano erano bambini all’epoca; raccontano della loro esperienza ma soprattutto di quella dei genitori e dei parenti. Per esempio viene raccontata la fine del signor Sincich che la mattina del 3 maggio 1945 viene preso dai partigiani titini e fucilato perché contrario all’annessione di Fiume alla Jugoslavia: il figlio conclude la sua testimonianza così: “Lo portarono via, lui si girò, tornò indietro, diede un bacio a mia sorella Antonia. Pochi minuti dopo si sentì crepitare il mitra: nostro papà stava morendo”.

Altre parole, che sicuramente non saranno facili da dimenticare sono quelle tratte dalla testimonianza di Livio Rupillo, che parla della misteriosa strage di Vergarolla, presso Pola: “Mia madre, che aveva l’abitudine di posare gli asciugamani sulle mine, sparì nella deflagrazione. [...] Di mia madre non ritrovarono niente, solo un dito con la fede matrimoniale”.

Il professor Pupo ha spiegato che, dopo il sanguinoso attentato del 18 agosto 1946 nella spiaggia di Vergarolla, l'incidente aveva creato paura, terrore così forte che migliaia di persone, pensando che l’esplosione di un deposito di munizioni fosse un attacco contro gli italiani, decisero di andarsene.

Si è parlato anche dei protagonisti dell’esodo e della loro difficile accoglienza in Italia, di chi ha dovuto lasciare la propria terra perché non ritenuto fratello: gli immigrati, gli italiani “non etnici”, i fascisti, gli imperialisti, i borghesi. Ma il problema più grande è stato la suddivisione delle persone nelle diverse categorie: chi erano i borghesi? Chi non era fascista? Chi si sentiva italiano lo era veramente? All’ultima domanda si è risposto con: “Se ha il cognome che finisce con -ich non lo è sicuramente”.

La domanda che quindi ci si può porre è: Chi allora poté restare? Furono Pochi.

A cura di Irene Cettul 5L

 
Destinatari: 
Docenti
Famiglie
Studenti